NoBody

progetto di danza verbale
make the dance audible

coreografia _ testo _ voce _ montaggio paola bianchi

NoBody è una narrazione coreografica, la descrizione dettagliata e precisa di ogni minimo movimento di un solo di danza della durata di 10 minuti circa, realizzato apposta per il progetto. Uno spettacolo di danza spogliato della visione, della sua essenza primaria.


INTERVISTA A CURA DI GIULIA MORUCCHIO PER IL FESTIVAL HELICOTREMA 2014
Cominciamo con una domanda generale. Parlaci della tua ricerca artistica.
Sono coreografa e danzatrice. Il corpo è il mio specifico linguistico, è il mio strumento, ma è anche l’area di indagine intorno a cui ruota la mia ricerca – poetica del corpo. Tutto ciò che ci accade quotidianamente, anche il più piccolo avvenimento, ritorna nel nostro corpo: digerito, metabolizzato, vomitato, entra ed esce dal nostro corpo lasciando tracce. Il corpo è la cartina geografica dei sentimenti, delle nostre emozioni, è la scrittura del nostro vissuto. Il corpo sulla scena è quindi l’oggetto della mia ricerca.


Quando e come hai iniziato a lavorare con il suono?
Quella per il suono è una passione che mi accompagna da molto tempo. Ho sempre amato registrare suoni più che scattare fotografie. Riascoltare un file audio registrato in una metropolitana di Vienna o alla stazione Termini di Roma, in una spiaggia affollata o in cima a una piramide Maya, mi riporta a quel luogo, più di quanto non possa fare un’immagine. L’immagine riporta alla visione del luogo, ma riesco a esserne solo lo spettatore, l’occhio esterno, escluso dalla scena, fuori da essa, il mio ricordo si confonde e si plasma su quell’immagine. Il suono riesce invece a ricreare la situazione, ne sono parte, nuovamente immersa in quello spazio. Raccolgo suoni come appunti della memoria. Fisso le immagini legate ai suoni e riascoltandoli mi immergo nella stessa emozione, nello stesso colore e temperatura. Creare uno spettacolo di danza contemporanea inoltre significa porre attenzione non solo a ciò che avviene sulla scena ma anche al suono della scena, alla sua qualità, alla fonte da cui proviene, alla posizione della fonte. Il suono, insieme alle luci, alla spazialità e all’azione, concorre al senso del lavoro. La fonte sonora, la direzione da cui arriva il suono, il volume e la qualità del suono stesso generano emozioni, contribuiscono a colorare di stati d’animo il luogo dell’azione. Lo stesso brano musicale crea emozioni differenti se sparato sull’impianto del teatro o mandato da una sola piccola fonte gracchiante. Il suono crea la sostanza, lo spessore dell’aria, la consistenza del luogo, il colore dello spazio.
Da alcuni anni curo io stessa i suoni dei miei lavori, registrandoli e manipolandoli in funzione della scena – per le musiche invece mi affido ai musicisti.


Puoi parlarci di NoBody, l’audio descrittivo molto dettagliato che presenterai al festival? Questo lavoro sembra avere una caratteristica molto teatrale. Quali sono gli aspetti che volevi indagare?
Mi sono chiesta molte volte come portare la danza alla radio, non solo come analisi critica o descrizione sommaria, ma far “vedere” la danza attraverso l’orecchio. Essendo un’ascoltatrice assidua di Radio3 ho spesso sentito il desiderio di ascoltare un radiodramma danzato. Così come è possibile trasmettere uno spettacolo teatrale perché non si può fare lo stesso con uno spettacolo di danza? Certo, la danza è visione, immagine in movimento, è fatta di corpi, di azioni, ma anche uno spettacolo di teatro, se solo ascoltato, perde parte della sua essenza, perde la potenza dei corpi, la loro postura, la loro tensione, la loro collocazione nello spazio. 
Ho quindi provato a restituire proprio quello che mi mancava: la visione della scena. Eliminando il tentativo di generare emozione attraverso l’interpretazione e lavorando sulla pulizia, sul rigore, sulla descrizione pura, ho cercato di portare l’ascoltatore a creare la propria visione emotiva per mezzo di un lavoro di immaginazione muscolare, interiorizzando cioè il movimento.
NoBody nasce dalla scena, dal teatro. Ho creato un brano coreografico abbastanza semplice, un solo di danza della durata di dieci minuti, l’ho ripreso in video e ho iniziato a descrivere ogni piccolo dettaglio di movimento. Ho poi chiesto ad alcune persone – danzatori e non – di eseguire i movimenti durante la mia lettura – volevo evitare di dimenticare dettagli, di saltare passaggi importanti nel compimento dell’azione. Ho quindi registrato la mia voce e ho montato i materiali sonori. È nato così NoBody, un progetto di danza verbale, un tentativo di trasmissione della danza, un primo passo per portare la danza là dove non può stare. Make the dance audible è stato l’input di partenza, la frase che ha accompagnato tutto il processo di creazione e realizzazione. La trasmissione della danza senza la visione è il mio obiettivo.